Pensioni e Politici - Il vecchietto, dove lo metto?

di Rosa Massari Parati

L’altra sera ci è capitato di sentire una persona anziana canticchiare una canzone di Domenico Modugno che faceva così : “Sto vecchietto dove lo metto, dove lo metto, non se sa. Me dispiace, ma non c'è posto, non c'è posto per carità. Sto vecchietto dove lo metto, dove lo metto, non si sa. Mi dispiace, ma non c'è posto, non c'è posto per carità. Il vecchietto dove lo metto”. Perché arriviamo qui? Per portarvi con noi ad una riflessione.
Da luglio 2021 si apre la prima fase dell’implementazione dell’Assegno unico famiglia, una quota che verrà corrisposta a ciascun figlio, dal settimo mese di gravidanza fino ai 21 anni di età, mese dopo mese, maggiorato dal terzo figlio e/o nel caso di bambini disabili. La quota dipenderà dal reddito.
Più in particolare, con il decreto legge approvato il 4 giugno 2021 si introduce un assegno temporaneo (“assegno ponte”) destinato alle famiglie con figli minori che non abbiano diritto ai vigenti assegni per il nucleo familiare (disoccupati, lavoratori autonomi), che partirà dal 1° luglio 2021 e fino al 31 dicembre 2021. Si andrà comunque da un minimo di 30 euro a un massimo di 217,8 euro al mese per ciascun figlio, in base al calcolo Isee.
Dal 1° gennaio 2022 il nuovo Assegno unico spetterà a tutte le tipologie di famiglia senza distinzione. L’Assegno unico verrà erogato mensilmente, per 12 mesi e con importi stabiliti a seconda del totale Isee presentato dalle famiglie e dal numero di figli fino a 21 anni. Dai 18 anni in poi, l’assegno è concesso solo nel caso in cui il figlio frequenti un percorso di formazione scolastica o professionale, un corso di laurea, svolga un tirocinio ovvero un’attività lavorativa limitata con reddito complessivo inferiore a un determinato importo annuale, sia registrato come disoccupato e in cerca di lavoro presso un centro per l’impiego o un’agenzia per il lavoro o svolga il servizio civile.
Una misura che si propone di fornire un sostegno alle famiglie, soprattutto quelle in difficoltà economica, e come tale sicuramente di importante interesse sociale.
Ma è altrettanto importante ricordare, però, che né i governi precedenti, né il governo Draghi abbiano posto mano alla risoluzione di un problema che coinvolge milioni di persone. Secondo un recente report dell’Istat sulle condizioni di vita dei pensionati, il 12,1% percepisce un reddito pensionistico, ossia considerando anche il cumulo di più trattamenti, fino a 499 euro al mese, il 23,1% da 500 a 999 euro. Oltre un terzo dei nostri anziani (parliamo di oltre 5,5 milioni di persone), quindi, vive come meno di 1000 euro al mese, e tra di loro molti percepiscono una pensione inferiore a quella minima. Come è possibile vivere dignitosamente con meno di 500 euro al mese? Anche nel nostro territorio ci sono donne e uomini che hanno trascorso anni lavorando ai forni in Ferriera o altre fabbriche della zona, ed ora percepiscono una pensione di poche centinaia di euro, meno della minima: serve restituire una vita dignitosa a chi ha lavorato. E non fargli pensare che è meglio morire così non gravano sulle spalle di figli e parenti. E’ una vergogna.
Nessun politico,di nessun schieramento,  ma proprio nessuno che parli di rivedere le pensioni e badate bene che non stiamo dicendo di abbassarle a chi percepisce 30.000 euro al mese, e credete ce ne sono, ma di portare almeno a mille euro quelle di chi ha lavorato 40 anni e deve vivere con meno di 500 euro. Con tutti i pensionati morti di Covid, le casse dell’INPS  si saranno sicuramente rinvigorite. 

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